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domenica 9 maggio 2010

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[Film] Tra fede e ragione: Agorà

domenica 9 maggio 2010
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Aristotele definifiva l'uomo un "animale politico".
Per il filosofo vivere in società è ,per ogni essere umano, un'esigenza primaria, come mangiare e dormire. Eppure la storia ci dimostra continuamente che una convivenza civile tra individui è spesso un'utopia.
Accettare che qualcuno abbia opinioni diverse dalle nostre, che non creda negli stessi nostri valori, è facile a parole.
Ma quando bisogna passare ai fatti è tutta un'altra musica. Platone è stato il primo filosofo ad affermare l'importanza del rispetto dell' "altro".
Parlando dell'"essere" diceva che esso non poteva esistere senza il suo contrario il "non essere".
Ma, come ho già detto, spesso la tolleranza resta un concetto astratto e nulla più.
Questa riflessione nasce dalla visione del film "Agorà".

Tratta della vita e della morte della filosofa, matematica e astronoma Ipazia vissuta ad Alessandria d'Egitto nel IV secolo d.C.
Ipazia è un simbolo di emancipazione femminile, ha dedicato la sua vita all'insegnamento e alla ricerca scientifica.
Non si è piegata al costume dell'epoca che voleva le donne relegate al ruolo di mogli e madri; non si è piegata ad una religione (quella cristiana) in cui non credeva,pur essendo consapevole che ciò le avrebbe costato la vita.
Una donna coerente e determinata che non aveva nulla da invidiare alle più moderne suffraggette.
Una delle scene del film che, a mio avviso, esprime in pieno la personalità di Ipazia è quella in cui il Prefetto Oreste (nel film innamorato non corrisposto della filosofa) le chiede di convertirsi al Cristianesimo come tutti gli altri dignitari di Alessandria e come egli stesso aveva fatto a suo tempo.
Ipazia risponde affermando che il suo essere uno scienziato le impedisce di convertirsi in quanto la fede è fatta di certezze, non ammette dubbi.
Al contrario la ricerca, la confutazione di una teoria rappresentano le basi della scienza e della filosofia.
Consiglio a tutti la visione del film per diversi motivi:
1) Agorà è un film che fa riflettere su quanta violenza possa essere generata dall'intolleranza e dall'ignoranza;
2) mostra come gli "ideali" e i "valori" non siano soltanto belle parole con cui riempirsi la bocca ma qualcosa per cui ci sono persone disposte a morire;
3) Rachel Weiz (che interpreta Ipazia nel film) in quella che è forse la sua migliore interpretazione per intensità e coinvolgimento emotivo al personaggio;
4) la colonna sonora firmata dall'italiano Dario Marinelli (Premio Oscar nel 2008 per il film "Espiazione") semplicemente magnifica.

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5 commenti:

Pia Settimi ha detto...

Sabato 15 maggio, al cinema Quantestorie di Manziana, le donne dell'"OFFICINA DELLE DONNE" organizzano un dibattito sull'argomento, prima e dopo la proiezione del film Agorà. Questo per segnalare l'importanza dell'occasione al fine di rilanciare delle riflessioni sui temi posti dalla figura di Ipazia e dalla sua tragica fine.
Quanto a me, che avevo visto il film giorni fa, la scena che mi ha fatto sobbalzare, per l'attinenza con certi temi della mia ricerca sulle donne ebree, è stata l'offerta-regalo da Ipazia ad Oreste di un fazzoletto di seta intriso di sangue mestruale...

Darkoide ha detto...

Pia interessante, scusa l'ignoranza ma mi puoi spiegare l'attinenza con le donne ebree?

Pia Settimi ha detto...

@darkoide. Le donne ebree (almeno quelle osservanti) sono tenute ad osservare tre principi fondamentali, tra i quali quello della purità mestruale. Da qui una serie di adempimenti e controlli personali per stabilire quando il flusso mestruale è cessato e i coniugi possono avere nuovamente rapporti sessuali. Ho scritto un libro, anche su questo argomento scabroso. http://www.vecchiarellieditore.com/public/eshop/product_info.php?products_id=387&osCsid=v2p8to62uapuevnh5lflj9elr0

Spank ha detto...

Anni fa lessi un libro intitolato "L'incanto del pavone". Le protagoniste erano donne ebree. Ricordo che rimasi profondamente scosso dalla concezione del ciclo mestrualeche si evinceva dal libro. Le donne ebree erano infatti costrette, durante le mestruazioni, a bagnarsi ripetutamente in acque gelide al fine di arrestare il flusso di sangue dal momento che il ciclo era considerato una cosa "impura", la giusta punizione per la colpa originaria di Eva. Un altro esempio di ignoranza nonchè sintomo di una società maschilista e misogina

Pia Settimi ha detto...

@ Spank. Non è proprio così. L'immersione nel mikvè si compie dopo sette giorni "puliti", giorni che si conteggiano dalla fine del ciclo mestruale. Il mikvè è una vasca alimentata da acque naturali, non toccate da mano umana, e concordo che anche se a temperatura ambiente, possano essere freddine. Ma le donne ebree osservanti sono felici di questa ritualità che le rende "pure", pronte e desiderose ad un nuovo incontro sessuale. La visione del film israeliano "KADOSH" di Amos Gitai è comunque vivamente consigliata, perchè lì si trova davvero quella società maschilista di cui parla Spank.

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