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sabato 23 ottobre 2010

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[ATTUALITA'] Sarah Scazzi, ovvero: quando l'informazione diventa reality

sabato 23 ottobre 2010
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In questi ultimi tempi stiamo assistendo ad una trasformazione del modo di comunicare e nel modo di fare informazione da parte dei media.
In verità non è la prima volta che assistiamo ad una cosa del genere, ma ultimamente ciò è stato fin troppo evidente per non essere notato anche da chi, come il sottoscritto, non segue assiduamente telegiornali, carta stampata e programmi televisivi d’attualità.
L’episodio drammatico della scomparsa della giovane Sara Scazzi è stata una notizia che ha avuto un impatto assai forte sul pubblico italiano che da molto tempo segue con avida curiosità il susseguirsi delle novità sui fatti che riguardano il caso in questione; ma siamo sicuri che tutto questo attaccamento da parte del pubblico sia dovuto solo al coinvolgimento emotivo della gente al ricevere questa tremenda e assurda notizia ?
Ho qualche serio dubbio in proposito, specialmente dopo avere appena ascoltato che a distanza di tempo ancora vi sono moltissimi visitatori i quali vanno in pellegrinaggio nella zona incriminata e addirittura sono previsti un paio di pullman per Avetrana. Di fronte a tali atteggiamenti resto pervaso di stupore e incredulità e mi chiedo: Ma cosa siamo diventati ? Possibile che siamo così attratti da orrori e oscenità che ci catapultiamo sui resti dei cadaveri come avvoltoi affamati, senza alcuna pietà ?
C’è un motivo per questo isterismo che si sta diffondendo per l’Italia, a mio avviso. Credo ci sia stato un eccesso di informazione tanto grande da renderlo un abuso.
La soglia della necessità di raccontare una notizia di cronaca è stata di troppo oltrepassata; adesso la notizia è diventata una storia a tutti gli effetti e con tutti i dettagli di un romanzo thriller di Dan Brown.
Nonostante ci siano moltissime notizie ogni giorno da dare alla popolazione italiana, si insiste su questa triste storia della morte di Sarah aggiungendo ogni giorno alcuni particolari che appaiono del tutto non dovuti o necessari e che sorpassano di molto il limite della privacy e del rispetto che spetta alla famiglia della persona scomparsa oltre che alla povera Sara stessa.
Ecco quindi che, ascoltando la stessa storia quotidianamente e aggiungendo ogni volta  alcuni dettagli in più, si crea quella dipendenza dello spettatore con la storia stessa e gli si inculca una sorta di curiosità morbosa, oltre che un legame quasi affettivo.
E che dire poi delle infinite trasmissioni che moltiplicano all’ennesima potenza immagini, testimonianze, interviste, ipotesi e tesi tra le più svariate; in studio tra gli ospiti troviamo psicologi, criminologi, grafologi, psichiatri, scrittori, opinionisti, persone normali e vip, ciascuno con la propria teoria e il proprio giudizio sulla vicenda. Ore ed ore di trasmissioni durante le quali si analizzano i fatti,  si discute su come e perché è accaduto quel che è accaduto, ore passate a rimpiangere chi non c’è più con filmati malinconici e musiche strappalacrime, ore passate ad addossare le colpe su chi è già sotto processo, ore passate a distribuire definizioni e attributi alle persone coinvolte.
È così che scompaiono le persone e si cominciano a delineare i personaggi di una notizia divenuta storia che col passare dei giorni diventa un reality show, in cui l’obiettivo primario è solo quello di fare spettacolo e intrattenere lo spettatore spacciando notizie in eccesso come dovere di informazione.
Ma quale bisogno c’era di conoscere i dettagli dell’omicidio ? O quale necessità abbiamo di sapere le ultime parole di quella povera ragazza pochi istanti prima della sua morte ? Perché informarci sulle sue lacrime o sulle sue paure ? Perché Sara Scazzi deve essere privata anche dell’intimità dei suoi ultimi momenti di vita ?
Forse è giunta l’ora di ribellarsi a questo barbaro modo di fare informazione, forse è ora di spegnere la televisione quando propone certi talk-show patetici e fuori luogo, dove si sparano le peggiori sciocchezze in mezzora di discussione su un argomento che dovrebbe essere trattato con la riservatezza (parola ormai desueta e in via di estinzione) e il rispetto dovuti, ovvero lasciando alla famiglia il suo dolore senza trasformalo in un evento televisivo e lasciando alle autorità il compito di occuparsi del caso e delle indagini dovute.
Non possiamo però pensare che sia la televisione a cambiare, poiché essa segue le proprie logiche legate al profitto e non cambierà mai. Dobbiamo interrogare noi stessi e guardare al nostro modo di agire. Se siamo stati anche noi risucchiati da questo vortice burrascoso televisivo, se siamo stati trascinati involontariamente in questo reality che è andato oltre la realtà a causa di un bombardamento costante e aggressivo, se siamo stati conquistati anche noi da questa persecuzione mediatica, allora dobbiamo riscoprire il vero senso dell’informazione e del giornalismo.
Dobbiamo cominciare a interrogarci sul vero senso della compassione e del rispetto; se realmente ci sta a cuore rispettare e onorare Sara Scazzi, diamole il nostro rispettoso silenzioso, la nostra silenziosa preghiera, il nostro saluto sincero dal profondo del cuore, ma lasciandole la pace che purtroppo non ha avuto da quando è scomparsa, vittima della crudeltà del suo omicida e, dopo morta, vittima di avvoltoi travestiti da giornalisti.
Quando l’informazione diventa reality, è ora di cambiare canale o,  ancora meglio, di spegnere il televisore, utilizzando la propria capacità e libertà di scelta eliminando quello che è uno sciacallaggio a tutti gli effetti.
Quando l’informazione diventa reality, a noi la scelta,
restare persone o diventare avvoltoi ?

(Aldo Li Volsi)




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