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sabato 3 luglio 2010

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Essere Cristiano

sabato 3 luglio 2010
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Visto che pochi giorni fa nella pagina facebook del sito, partendo da questo post, si è sviluppata una bella discussione su come si comporta il vero Cristiano, vorrei proporre il commento di Don Fabio Rosini al Vangelo del 27 giugno.  

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 9,51-62.
La Sequela Christi è un brano splendido sul fatto di seguire il Cristo.
La condizione di un Cristiano è quello di avere un maestro da seguire.
Il suo maestro è molto più di un maestro: è il Messia, il Figlio di Dio, il suo salvatore.

Come si segue Gesù? Che cosa vuol dire essere Cristiani?

Noi abbiamo tanta gente che interpreta in maniera piuttosto articolata e differente cosa vuol dire essere Cristiani.
Cosa vuol dire poter prendere la bellezza che Cristo ci vuole dare? Significa seguirlo, bisogna appunto mettersi nella sua sequela.

Cosa è vivere secondo il Vangelo?


In questo testo noi vediamo tre persone chiamate alla sequela di Cristo che pongono delle domande e delle questioni che ci danno occasione di capire meglio la conformazione di chi è un discepolo di Cristo.
Il primo parte di iniziativa sua e dice a Cristo: “Ti seguirò dovunque tu vada”
Gesù gli risponde “le volpi hanno la loro tana e gli uccelli il cielo e i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo”.
Che vuol dire ti seguirò dovunque tu vada?
Gesù cita i volatili e gli animali di terra; cioè cita tutti quelli che stanno in alto a quelli che stanno in basso dicendo che tutti hanno un proprio nido, un luogo, una casa, un posto dove sentirsi a casa propria.
Il figlio dell’uomo, invece, non ha dove posare il capo.
Noi abbiamo un uomo stanato: Gesù Cristo è un uomo senza tane.
Seguire Gesù significa rinunciare alle tane: essere una persona che non ha una zona propria rispetto alla vita che ha con gli altri; non ha uno spazio suo; non è uno che difende il suo diritto a starsene per i fatti propri sottratto alla sua dimensione, per esempio, di padre.
[Il Cristiano] Non è un padre assente che ha il calcetto, perché per continuare a fare il padre lo deve fare in apnea: il suo gusto sta nel fatto che ogni tanto non fa il padre e allora riesce a sopportare di fare il padre. Ciò vuol dire che vive una condizione menzognera rispetto al suo essere padre: non si identifica, se non fino ad un certo punto, col suo essere padre.
[il Cristiano] Non è uno sposo che deve avere la sua tana, il suo luogo dove la moglie non può entrare in modo da rigenerarsi per poterla poi sopportare di nuovo.
[Il Cristiano] E’ uno che non ha queste tane perché trova ovunque la sua condizione.
È uno senza casa. Non dimentichiamoci che il nomade è la condizione di colui che ha fede.
[Il Cristiano] E’ un uomo che non tanifica.
L’istinto di tanificazione è molto forte nelle persone: uno quando entra in treno si prende il posto all’angolino; quando va nel nuovo ufficio segnala la propria presenza in diversi modi.
Noi segnaliamo il territorio, tanifichiamo.
Siamo tutti animali, in fondo, chiamati alla dimensione di figli di Dio.
Io Cristiano come devo agire?
Devo trovarmi tane nel prossimo?
Gli altri devono essere delle tane, delle compensazioni, delle cose che mi appagano?
Non posso amarli per come sono senza tanificare in loro?
Non posso darmi a loro senza tenermi nella saccoccia un pezzo della mia vita che mi fa tirare il fiato?
Questo uomo che vuole seguire Gesù deve sapere che non andrà a trovare tane.
Non c’è un dove, un posto che rappresenta l’arrivo.
Bisogna vivere una esistenza dinamica ed essere nati dallo spirito, non sapendo da dove si viene e dove si va.
Ancora più inquietante è la risposta che Cristo da  al secondo a cui ha detto “Seguimi”.
L’uomo risponde “permettimi di andare prima a seppellire mio padre”.
Bisogna chiedersi se c’è davvero qualcosa che bisogna per forza fare prima di seguire la volontà di Cristo.
Uno potrebbe dire “seppellire il padre è un opera necessaria”.
Se andiamo ad analizzare bene la frase possiamo notare che non si intende necessariamente che il padre sia morto, Il padre può essere malato, forse dovrà morire.
Il problema è chiudere l’argomento e mettere una pietra sopra: il problema della paternità.
Noi aspettiamo di risolvere i nostri problemi prima di seguire la volontà di Dio.
Prima mi devo risolvere io, poi mi potrò sposare.
Prima mi devo risolvere io, poi mi potrò dare al Signore.
Prima mi devo risolvere io, poi potrò fare qualcosa di buono nella chiesa.
Ragionando così si può aspettare molto tempo e si può anche non finire mai, perché non si finisce mai di seppellire il padre.
Non si chiude mai il contenzioso con il paterno, con le proprie origini.
Dobbiamo accettare di lasciare irrisolti alcuni problemi della vita e dare la priorità alle cose che dobbiamo veramente fare.
Gesù ci dice che “Dobbiamo lasciare che i morti seppelliscano i loro morti”.
Questa frase, che gli studiosi attribuiscono proprio alle labbra di Gesù, è una frase illuminante sulla dinamica del bene: è inutile abbracciare il bene pretendendo di aver risolto tutto prima.
O si parte o non si parte…
Ci sono quelle persone che quando devono partire per le vacanze diventano pazze per mettere a posto la loro casa e non finiscono mai: hanno bisogno di settimane di preparazione a partire.
Partire è partire, c’è un momento in cui bisogna andarsene.
Più la valigia è piccola e più sei un bravo viaggiatore perché quando uno ha viaggiato tanto si porta poche cose, invece quando uno ha viaggiato poco si porta di tutto perché non è in grado di scegliere cosa lasciare e cosa portare.
“Lascia che i morti seppelliscano i loro morti”: qualcosa bisogna lasciarlo irrisolto.
Abbiamo un delirio di perfezione dove tutto quanto deve essere a posto.
No. Gesù o lo segui o non lo segui.
Non è sul presupposto che tutto quanto è già fatto bene.
La risposta che il terzo uomo da a Cristo è: “Ti seguirò Signore, ma prima lascia che io mi congeda da quelli di casa mia”.
L’uomo chiede di poter tenersi in buon rapporto con chi dovrà abbandonare.
Se si deve seguire Gesù Cristo, devi lasciare qualcun altro. Non puoi star d’accordo con chi lasci, perché questo qualcuno sarà deluso.
È impossibile seguire Gesù Cristo senza deludere qualcuno.
È impossibile essere cristiani senza frustrare certe relazioni mondane, superficiali, non salvifiche.
Gesù risponde “Nessuno che ha messo mano all'aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio“.
Non si può mettere mano all’aratro e guardare indietro, ne verrebbe un solco non diritto, qualcosa di imperfetto.
Qui, invece, si tratta di andare diritti verso la metà e buttarsi il passato alle spalle.
Come possiamo vedere le tre risposte vanno nello stesso senso: a Gesù non si può anteporre niente.
Soprattutto si mette in primo piano il futuro, mettendo dietro le spalle il passato.

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